Un personaggio semplice e nello stesso tempo un grande uomo di cultura, affabile e comunicativo: ha parlato del nonno Giulio e dello zio Mario che, facendo l’industriale, ha destinato una somma, anche se non tanto vistosa, per poter mettere i primi mattoni nella costituzione della Fondazione Giulio Einaudi, cittadino onorario di Paternò. Siamo arrivati sulla Collina Storica, al crepuscolo, quando ancora nel cielo s’intravedeva, all’orizzonte, il riverbero delle nuvole rossastre sui monti di Pietralunga. Durante la serata si è appassionato tanto alla storia del maniero e ha voluto visitare ogni suo oscuro angolo e anfratto scendendo, dopo aver ammirato il ciclo pittorico, con i Santi Cavalieri, della Cappella, fin sotto gli ambienti sotterranei o ipogei dove si possono ancora intravedere i resti delle antiche mura arabe (descritte anche dal viaggiatore francese Denon nel suo libro di memorie sul Gran Tour fatto in Sicilia nell’800), su cui poi è sorto l’edificio normanno. Seduti sulle panche della grande Sala del Parlamento ne ha ammirato l’ampio soffitto ogivale, alleggerito con la tecnica delle anfore capovolte, parlando, in contemporanea, della morte della cultura, a cui, oggi, tanti intellettuali assistono senza uscire dal grande silenzio per far sentire la voce della loro indignazione e del loro sdegno. Ha sottolineato che, oggi, l’Italia si trova già in un Medioevo, non più prossimo e non più venturo, dove tutte le profetiche anticipazioni fatte da Orwel nel suo 1984 o dal regista Truffaut nel film Farhaneit 441 (una società, in cui i libri venivano bruciati e un grande fratello centrale comandava su tutte le persone, che come stupidi automi, privi ormai da ogni senso critico, guardavano solo la TV, la quale le imboccava nelle loro scelte di vita e di politica) sembrano essersi avverate. Ha affermato con amarezza la sua voluta, ma sofferta, indipendenza da ogni sorta di ricatto, non essendosi voluto legare a nessuna corrente politica o potere economico riconoscendo al mondo culturale quella libertà etica che gli dovrebbe consentire di esprimere sempre la verità, frutto anche e soprattutto di un’armonia estetica. Al secondo piano nella Galleria caratterizzata dalle due grandi Bifore ho intrattenuto l’illustre ospite accennando a tutti gli altri personaggi che, nel passato, hanno visitato la Cittadina di Paternò da Carlo Levi a Sciascia, da Houel a Patrik Brydon, da Goethe a W. H. Bartlett nella cui opera Pictures from Sicily (1853) l’artista ha riprodotto l’immagine del Castello di Paternò con una incisione su rame. La serata si è conclusa con la degustazione di un bel dolce al pistacchio in un noto bar di piazza Umberto in simpatica compagnia di Alfredo Corsaro, già sindaco di Paternò e promotore della proposta per l’assegnazione della cittadinanza al famoso Editore Giulio Einaudi, nonno del nostro illustre ospite.
A cura di Mimmo Chisari