Sabucina, scavi archeologici per i soci di SiciliAntica
Situato a circa 10 chilometri da Caltanissetta, il Monte Sabucina domina la valle del fiume Salso (l’antico Imera), le cui acque prendono il nome ed il sapore dalla presenza di salgemma.
La posizione geografica di Sabucina ha conferito al sito sin dall’antichità una notevole importanza per il controllo delle vie di penetrazione militare e commerciale (il fiume era un tempo navigabile), verso il territorio più interno di questa parte dell’Isola, in cui si stabilirono i Sicani.
Nel corso dei secoli a Sabucina si susseguirono una serie di insediamenti, a partire dall’età del Bronzo antico (XXII-XVI sec. a.C.) fino all’età romana.
All’interno del parco archeologico un antiquarium iconografico, allestito dalla Dott.ssa Congiu, permette ai visitatori di conoscere il territorio circostante, sia attraverso foto aeree, sia con le ricostruzioni degli insediamenti via via succedutisi, e ha concesso loro un momento di pausa, dopo la faticosa passeggiata sotto il sole, e prima di cominciare il percorso fra gli scavi.
Le ricerche archeologiche a Sabucina iniziarono negli anni 1955/56; dopo i primi ritrovamenti relativi al villaggio preistorico vennero fatte indagini sistematiche, che hanno permesso di ricostruire l’origine e le varie fasi di evoluzione della città.
Ed ecco ricostruiti i circa 2000 anni in cui il sito fu utilizzato, a partire dai primi insediamenti umani, risalenti all’età del Bronzo Antico, che furono localizzati ai piedi della montagna di Sabucina e consistevano in villaggi di facies castellucciana.
In seguito, tra il XIII ed il X sec. a.C. l’abitato capannicolo si spostò sulle pendici della collina di Sabucina. I resti di questo periodo sono particolarmente significativi: per la prima volta furono trovati manufatti della facies di Pantalica che non appartenevano a necropoli, ma bensì ad insediamenti abitativi.
È stato possibile ricostruire l’evoluzione della struttura della città, che in origine era costituita da semplici capanne circolari, a volte in connessione con ipogei scavati nella roccia, utilizzati come ricovero per animali. In periodi successivi gli ipogei vennero adibiti ad altri usi: depositi o luoghi di sepoltura.
Fra le capanne cominciarono ad essere realizzati muretti di pietrame e secco; vennero inoltre compiute opere di trasformazione del territorio, come terrazzamenti artificiali e canalette. Particolarmente interessanti i reperti di questo periodo, conservati al Museo Archeologico di Caltanissetta, fra cui un vaso globulare su alto piede con orecchiette (dalla forma molto moderna) e ciotole a superficie decorata.
In una capanna sono state ritrovate numerose matrici, anche queste esposte al Museo, utilizzate per la fusione di armi in metallo; indicano la presenza, all’interno dell’abitato, di una fonderia. Alcune forme di oggetti rintracciati denotano influenze egee e permettono di collegare questa fase con la realizzazione di tombe a tholos scavate nella roccia, a pianta circolare con un corridoio di accesso, distribuite tra le capanne, sulle pendici della collina.
Successivamente, le abitazioni vennero costruite utilizzando una tipologia diversa: compaiono ambienti a pianta rettangolare, realizzati con strutture in pietrame, che ricordano quelli ritrovati a Thapsos. Tra l’VIII ed il VII sec. a.C. un nuovo insediamento con case rettangolari occupò la vetta e le pendici dell’altura e fu completato da spazi per il culto, organizzati con la costruzione successiva di due sacelli, ampliati e modificati nel corso degli anni, probabilmente dedicati alle divinità ctonie.
Dall’area sacra proviene materiale votivo di varia natura ed un “tempietto”, un modellino di edificio sostenuto da un piedistallo e decorato con figure umane ed animali.
Nel VI sec. a.C. il sito venne ellenizzato dai coloni rodio-cretesi e fortificato con un muro di cinta; ma questo non bastò ad evitare la sua distruzione, subita da Ducezio nel secolo successivo. Ricostruita e protetta da un poderoso muro rafforzato da torri rettangolari e semicircolari, Sabucina venne ripopolata con nuovi coloni, ma poi, intorno al 310 a.C. il sito venne abbandonato e la popolazione si trasferì in fattorie e borghi ubicati ai piedi della collina.
Nonostante la calura, è stato possibile seguire il percorso indicato dalla guida attraverso i resti delle capanne, che ancora conservano i fori per i pali che sostenevano la copertura, gli ipogei, i rudimentali templi con tracce degli altari e una parte della struttura del muro, con contrafforti e porte ancora visibili, che si snoda sulla cima del monte, fra la vegetazione, purtroppo costituita da erbacce e cespugli, su cui svolazzavano numerosissime farfalle.
Il paesaggio che si domina dal parco è veramente affascinante; raggiunta la parte più alta del monte Sabucina si apre la valle che ospitava l’antico Imera, e fra le colline, sullo sfondo, quando la visibilità lo consente, la vista del mare.
È così offerta ai Soci la possibilità di fare esperienza diretta della metodologia dello scavo archeologico e contribuire allo stesso tempo alla salvaguardia di un’area di grande rilevanza archeologica soggetta purtroppo all’incessante attività distruttiva dei tombaroli.