In occasione del prestigioso Convegno Internazionale sulle Terrecotte Architettoniche e i Sistemi Decorativi dei Tetti, Deliciae Fictiles V, tenutosi presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli lo scorso marzo, è stato presentato un piccolo complesso di terrecotte architettoniche proviente da Paternò. La cittadina si impone sulla Piana di Catania, a circa due km dal corso del Simeto, con la sua monumentale acropoli di origine basaltica, dominata dal dongione normanno. Le indagini archeologiche hanno permesso di identificarne una frequentazione dall’età protostorica a quella greco-romana fino a giungere alle fasi medievali. L’identificazione di questo centro siculo ellenizzato è ancora oggi oggetto di dibattito tra chi vuole riconoscervi Hybla Maior, Inessa o Hybla Gereatis. Ulteriori indagini in aree limitrofe alla collina hanno dimostrato che la città antica si estendeva fino alle sue pendici orientali e che le necropoli corrispondenti erano localizzate a sud di essa, nelle contrade Castrogiacomo e Cumma, dove già nel 1903 P. Orsi diede notizia della presenza di tombe alla cappuccina, databili tra VI e V secolo a.C. Dalla c.da Cumma provengono le terrecotte suddette: trattasi di frammenti pertinenti ad una sima frontonale provvista di cassetta e ad una sima laterale, rinvenute in contesti di riuso di ambito funerario. Entrambe le sime sono ad anthemion, cioè decorate da palmette e fiori di loto a rilievo, cui si unisce, a coronamento, il motivo meandriforme. La cassetta invece, che copriva la travatura lignea del gheison, è decorata da una doppia treccia di fasce brune tra due ordini di grossi astragali. Seppur nella consapevolezza dell’impossibilità di confluire in modo completo e definitivo, per motivi di tempo, nella pubblicazione degli Atti (che i curatori delle Università di Amsterdam e Campana “L. Vanvitelli” si apprestano a pubblicare entro la fine del 2018) e che, pertanto, continuerà e confluirà in un altro contributo, l’obbiettivo di tale studio è risalire, attraverso la documentazione d’archivio, ad una provenienza quanto più puntuale, cercando di stabilire la probabile destinazione dei manufatti prima della loro riutilizzazione. Pertanto si focalizzerà l’attenzione sugli aspetti tecnico-produttivi e su quelli stilistici, al fine d’identificare la bottega di produzione e di proporre, sulla base di confronti, una più precisa datazione, la quale ad oggi oscillerebbe tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. In tal senso sarebbero d’aiuto, qualora effettuabili, analisi archeometriche che possano provare l’esistenza di officine nel territorio ovvero di scambi commerciali inerenti la circolazione di tali manufatti, movimenti che, possiamo suggerire, avranno comportato la mobilità di maestranze artigiane a seguito di particolari commissioni.