L’ANTICO MONASTERO DI SANTA MARIA DELLA SCALA
A CURA DI SERGIO FRANCO MALAMAN
FOTO EVENTO A CURA DI E. SARPIETRO
FOTO DI STUDIO A CURA DI G.BARBAGIOVANNI
DISEGNI A CURA DELL’ARCH. G. DORIA
FOTO EVENTO
In occasione della festa della Madonna della Scala, nell’ambito delle attività organizzate dal 7 al 10 giugno dal Comitato di quartiere alla Scala e dalla Parrocchia di Sant’Antonio Abate in Santa Maria della Scala, si è svolta, in apertura dei festeggiamenti, presso la nuova chiesa, una conferenza dal titolo “Monastero di Santa Maria della Scala: dal rito greco a quello latino”.
Sono intervenuti lo storico prof. Mimmo Chisari, presidente dell’associazione SiciliAntica, sezione di Paternò ed il fotografo Giuseppe Barbagiovanni, responsabile regionale giovani di SiciliAntica.
Ad aprire i lavori e a dare il benvenuto ai presenti, il parroco Padre Nino Pennisi al cui entusiasmo si deve sia la costruzione materiale della nuova chiesa parrocchiale sia il rinnovamento spirituale e la fattiva aggregazione dei fedeli intorno ad essa. Ricordando la sua recente partecipazione alla conferenza tenuta a Palermo dal prof. Horst Enzensberger (Università di Bamberg), presso l’Istituto Siciliano degli Studi Bizantini e Neoellenici “Bruno Lavagnini” sul tema “Un monastero greco poco conosciuto: S. Maria della Scala (Paternò).”, Padre Pennisi ha voluto affidare ai due relatori di SiciliAntica il compito di divulgare e di ampliare quanto appreso.
Il prof. Mimmo Chisari, nella sua interessante relazione, iniziando dalla presentazione dei documenti inediti conservati nella Biblioteca Comunale di Palermo, trattati dal prof. Enzensberger, ha poi approfondito gli avvenimenti accaduti intorno al Monastero a partire dalla sua fondazione prima del 1170 (probabilmente intorno all’1140) fino ad oggi, evidenziando gli episodi ed i personaggi più significativi che hanno fatto la storia ed hanno dato lustro al nostro territorio basandosi su vari documenti e testi storici degli autori, tra cui il prof. Salvo Di Mattea ed il prof. Vincenzo Fallica, che nel corso degli anni hanno trattato l’argomento. In particolare sono emerse le personali testimonianze dello storico Colonna, il quale, all’interno dei ruderi del Monastero, aveva notato alcune pitture bizantine risaltanti la forma del cappuccio dell’abito monacale che ricordava quello greco; ciò ha contribuito chiaramente ad attribuire radici bizantine all’antico cenobio. Il primo documento che parla delle donazioni fatte al Monastero è il diploma del 1170 in cui il re normanno Gugliemo II il Buono, rivolgendosi al monaco Stefano, afferma cepisti fundare indicando cosi il primo abate che su volontà regia aveva fondato di fatto il sacro edificio di S. Maria la Scala in Paternò, dove continuavano ad esserci dei monaci greci che dovevano ubbidire all’Abate latino.
Nel corso dei secoli, il Monastero ebbe tante donazioni, privilegi ed esenzioni: terreni, case, chiese (Santa Maria di Calanna) e soprattutto mulini (il mulino Talarico in pertinentis Paternionis e il casale di Resinecchi in territorio di Lentini (in cambio del feudo di Obberti Coste in pertinentis Paternionis). Ancora nel 1182, sempre sotto il regno di Guglielmo II, vengono donati alcuni beni con la concessione del diritto di pascolo sulle terre demaniali.
Questi diplomi contengono notizie storiche inedite ma offrono anche tanti altri spunti di riflessione sul rapporto tra cancelleria pontificia e protocollo della cancelleria normanna mettendo in risalto alcuni appellativi (rex divina favente clementia, rex grazia Dei, dive memorie,beate memorie ecc.) che si riferiscono alla caratteristica sacrale della monarchia normanna. Possedimenti e donazioni riconosciuti anche dal Papa Onorio III e Bonifacio VIII che tolsero l’abbazia dalla dipendenza della diocesi catanese per assoggettarla direttamente alla chiesa di Roma. Nel 1343 per testamento della regina Eleonora d’Aragona il monastero viene dotato di nuove case e beni. Nel 1360, il Monastero venne definitivamente latinizzato, in quanto andò via l’ultimo monaco greco, Giacomo. Nel 1369 il Monastero, per diploma di Federico IV, riceve un donativo annuo di 12 onze d’oro. Nel 1414 la regina Bianca nominava, come Abate, Paolo Alessi per poter far ritornare all’antico splendore il Monastero, la cui decadenza era già in atto. Ancora nel 1457 il Monastero svolgeva una sua importante funzione se il Papa Callisto, con una Bolla del 7 aprile dello stesso anno, ordina all’Abate di Santa Maria la Scala, Giacomo Crisafulli, di recuperare tutti i beni e le proprietà di Santa Maria della Valle di Josaphat che evidentemente erano stati con frode, da altri soggetti occupati. Da altri documenti sappiamo che il 22 settembre 1468, P. Battaglia Platamone, allora Abate di Santa Maria la Scala, si fece transuntare la Bolla di Papa Nicolò V, con cui la Chiesa di Santa Maria in Valle veniva ridotta allo stato di semplice Grangia. Nel 1468 il Monastero verrà aggregato a quello di Nuova Luce di Catania ad opera dell’Abate Matteo di Pompeo. L’unione fu consolidata dall’altro abate Giacomo Crisafulli. Dopodiché, il convento abbandonato dai Benedettini fu occupato da una comunità di Certosini e infine dagli Agostiniani Scalzi i quali (dopo aver tentato sotto la guida dell’Abate Giuseppe Rocca di costruire un nuovo cenobio nel vicino paese di Belpasso), in seguito a vari disagi dovuti alla fatiscenza dell’edificio e all’insalubrità dell’aria, si ritirarono a Paternò dove, durante gli anni 1785/87 assieme ai confratelli di Nuova Luce di Catania, fondarono il convento e la Chiesa di Maria SS. della Scala in via Cassero ora via Garibaldi. Il convento fu soppresso nel 1833 e incorporato nei Beni demaniali dopo le leggi del 1866 sui patrimoni delle corporazioni religiose.
Del vecchio Monastero, sito in contrada Giaconìa, che prendeva il nome della tenuta dell’omonimo barone, oggi sono rimasti pochi resti di antiche mura, con una porta che presenta un arco acuto, e qualche altra struttura, con una volta a botte, all’interno di un edificio privato. Nel passato molte tombe di monaci Basiliani e Agostiniani sono state saccheggiate da scavatori clandestini e distrutte dall’incuria degli uomini col passare del tempo. Fino al 1993 erano ancora riconoscibili magazzini, stanze e un palmento che facevano parte dell’antico convento. Ancora altre testimonianze storiche descrivono l’abside dell’antica chiesa, dedicata a Santa Maria la Scala, annessa all’Abbazia detta anche Conventaccio, che era arricchita di affreschi con due nicchie laterali e una incassata al centro. Sull’architrave d’una porta di quadrata stanza posta a oriente, e contigua alla chiesa si leggeva una pregevole iscrizione normanna a caratteri gotici a mosaico costruiti di sassolini di terra cotta fra loro disuguali: Sanctae Mariae Scalae et Jesus Templum hoc Sanctum conditum…anno CCC, ritrovata nel 1819 da Roberto Sava, medico e naturalista belpassese, e poi decifrata e pubblicata a Palermo dallo studioso Onofrio Abbate nel 1840.
Concluso l’intervento del prof. Chisari, la seconda parte della conferenza ha visto come protagonista Giuseppe Barbagiovanni, nelle vesti di fotografo, che si è assunto il compito di realizzare un’attenta ricognizione fotografica dei ruderi del Monastero, insieme ad alcuni soci della locale sede di SiciliAntica fra cui l’Arch. Giulio Doria il quale dopo un attento esame della varie tipologie di muratura, vecchie e moderne, delle fabbriche che attualmente insistono nei pressi dell’area del Monastero, ha provveduto ad effettuare le misurazioni utili per un’ipotesi di ricostruzione grafica riguardante l’area considerata di cui si conosce l’esistenza ma non di semplice lettura in quanto incorporata in postume superfetazioni che nulla hanno a che vedere con l’antico edificio.
Un prima ricognizione era stata condotta da Padre Nino Pennisi insieme all’arch. Giuseppe Mirenda il quale aveva inizialmente riconosciuto e fotografato alcuni elementi architettonici del sito.
Successivamente, grazie all’autorizzazione di alcuni degli attuali proprietari delle strutture che insistono nell’area in oggetto, Barbagiovanni, partendo da un’attenta ricognizione aerea, ha mostrato ciò che si osserva dall’alto sorvolando il sito del Monastero per poi proseguire con diversi interessanti scatti fotografici all’esterno ed all’interno di esso. Le foto più significative hanno messo in evidenza molte strutture architettoniche mai precedentemente documentate. In particolare, per quanto riguarda l’esterno dell’edificio, sono state evidenziate alcune feritoie (monofore) mentre, all’interno, sono state fotografate tre nicchie, due piccole laterali ed una grande al centro: delle piccole, una perfettamente conservata con tracce di intonaco dipinto riproducenti la valva di una conchiglia; l’altra completamente occultata da materiale lapideo e malta; uguale sorte ha subito la nicchia maggiore, nella quale è riconoscibile solo l’arcata realizzata in pietra bianca.
Poiché in parte è stato possibile riconoscere il perimetro della struttura muraria alta fino alle finestre monofore, grazie a ciò è stato possibile tentare di ipotizzare graficamente una ricostruzione della chiesetta edificata nell’ambito del Monastero. Studi più approfonditi dal punto di vista architettonico e scavi archeologici per rinvenire le fondamenta dell’edificio da parte degli enti competenti, potranno fare piena luce sull’intera area della chiesa e degli annessi edifici monastici.
Fondamentale, ai fini dell’accertamento della posizione geografica in cui ricade la chiesa, è stata la verifica, condotta in collaborazione con i funzionari del Comune di Paternò, che ha permesso di constatare come quest’ultima ricada all’interno della perimetrazione del territorio comunale di Paternò, mentre parte degli edifici ad essa annessi dovrebbero ricadere all’interno del territorio di Belpasso.
Nel corso della conferenza, altro momento significativo è stata la presentazione del quadro della Madonna della Scala la cui copia originale si trova all’interno della Chiesa di Maria SS. della Scala, in Via Garibaldi.
Giuseppe Barbagiovanni, grazie alle utili notizie fornite dal dott. Alessandro Messina e da Padre Salvatore Magrì che ne è l’attuale custode, ha illustrato le figure rappresentate in questa magnifica tela risalente alla seconda metà 1700 e che in fedele riproduzione fotografica, impreziosisce attualmente le pareti interne della nuova chiesa parrocchiale.
La tela misura alla base cm 174 ed ha un’altezza di cm 251; essa raffigura al centro, in primo piano, l’immagine della Madonna della Scala la quale ha accanto il bimbo Gesù; a sinistra del quadro, Sant’Agostino, vescovo Padre, dottore e Santo della Chiesa Cattolica con lo sguardo rivolto verso la Vergine mentre, sempre in primo piano a destra, è raffigurata la monaca l’agostiniana Santa Chiara da Montefalco (Umbria). In secondo piano, in alto a destra della Vergine, San Giuseppe, suo sposo; alla sua sinistra, è rappresentata la simbolica scala sostenuta dagli angeli che devono accompagnare i fedeli nel loro percorso di perfezione e ascesa spirituale verso il Cielo. Il dipinto è in fase di studio a livello archivistico per un approfondimento del contesto storico e dell’ambiente artistico-artigianale in cui è stato creato. A conclusione della conferenza, con le immagini fotografiche realizzate, è stato proiettato un breve e prezioso filmato corredato da un’emozionante colonna sonora, che costituisce il punto d’inizio per auspicabili ulteriori ricerche da parte degli organi competenti al fine di valorizzare la gloriosa storia del quartiere “Scala Vecchia”.
Ultimati gli interventi da parte dei relatori, ha preso la parola l’Avv. Pippo Virgillito, storico e socio fondatore di SiciliAntica, il quale si è congratulato per quanto chiaramente esposto ed ha testimoniato ed approfondito, attraverso i suoi vissuti personali, quanto precedentemente relazionato.
Infine Padre Pennisi, parroco della nuova chiesa, da lui fortemente voluta in questo quartiere in via di grandi evoluzioni, dimostrando grande apprezzamento per i risultati della conferenza, ha concluso il tutto impartendo ai presenti la sua solenne benedizione!
In definitiva, alla luce di quanto appreso, nell’accurata esposizione dei contenuti, non si può che evincere come oggi sia storicamente e culturalmente alquanto riduttivo ed ingiusto sintetizzare con il nome di “Scala Vecchia” la zona di Paternò in cui abitiamo, visto che “Scala” dovrebbe stare per “Monastero della Madonna della Scala” e “Vecchia” dovrebbe essere intesa come “millenaria”! In realtà noi viviamo nel antico e glorioso quartiere di “Santa Maria della Scala”!
Non c’è dubbio che il 2018 sarà ricordato nei testi storici come l’anno in cui il culto della Madonna della Scala, trasferito nel 1785 nella chiesa di via Garibaldi dai monaci Agostiniani scalzi, è ritornato al suo quartiere di origine grazie soprattutto alla tenace volontà e alla grande fede di Padre Nino Pennisi!