La collina di S. Marco, alla periferia di Paternò, è distante circa 2 km dal fiume Simeto ed è contraddistinta, nella parte sommitale, dalla presenza dei vulcanetti di fango noti con il nome di Salinelle. Esse producono gas e acqua calda e le argille formatesi erano usate a scopo termale nonché nell’edilizia fino agli anni Quaranta dello scorso secolo. Il facile accesso alle risorse idriche favorì l’insediamento dell’uomo in quest’area sin dal Neolitico e senza soluzione di continuità. Gli scavi archeologici avviati nel 1994 dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Catania consentirono l’individuazione di un villaggio del Neolitico Tardo e diverse testimonianze inquadrabili tra l’Età del Rame e l’Età del Bronzo Tardo. La stessa Soprintendenza etnea in collaborazione con gli archeologi di Sicilia Antica-sede di Paternò e nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola-Lavoro avviato tra gli Enti suddetti e l’Istituto Tecnico-Economico “G. Russo” di Paternò, ha ripreso nel giugno 2016 le ricerche archeologiche, indagando i versanti nord e sud-ovest della collina. Sul versante sud-ovest lo scavo, avviato a seguito di un grave sbancamento clandestino, congiuntamente ad un estensivo survey nell’area circostante, ha permesso di recuperare materiali riferibili ad una lunga frequentazione antropica databile tra l’Antica Età del Bronzo e l’Età ellenistico-romana. Tra essi spicca una considerevole quantità di tegole a listello di tipo greco. Il versante nord della collina è, invece, interessato dalla presenza di strutture databili tra il I ed il II secolo d. C. e, in un primo momento, verosimilmente legate ad uso termale come avevano, finora, indicato i frammenti di mattoni anulari usati in certi casi per costruire le pilae delle suspensurae. Le indagini in ambienti non esplorati in precedenza, hanno messo in luce uno spesso strato di tegole semicircolari del tipo laconico, interpretato inizialmente come crollo del tetto. In occasione dell’European Meeting of Ancient Ceramics tenutosi a Bordeaux nel settembre 2017, sono stati presentati i primi risultati di un’analisi autoptica condotta su questi elementi edilizi, la quale approfondire anche la conoscenza sulle materie prime usate per gli impasti, in relazione alla presenza di fonti d’approvvigionamento come l’argilla dei vulcanetti delle Salinelle. Questo studio preliminare, unita a future analisi di laboratorio consentirà di conoscere anche le temperature di cottura dei manufatti ed eventuali degrassanti, usati in aggiunta al tritume lavico, reperibile nell’area etnea. È stata tentata una seriazione crono-tipologica di tali manufatti sulla base dei pochi dati editi confrontabili e suddividendoli a seconda del profilo e di un calcolo delle proporzioni. Inoltre, evidenti tracce di difetti di lavorazione, visibili soprattutto sulle tegole semicircolari romane, consentono di non escludere l’ipotesi di una produzione in una fornace locale piuttosto che l’importazione da un altro centro artigianale.
A cura di Barbara Cavallaro